Un esperimento primo
nel suo genere ha indagato uno dei principi cardine della meccanica
quantistica, ossia il rapporto tra osservatore e realtà.
Prendete un pallone.
Da calcio, da basket, da pallamano; non importa. Sparatelo con un
cannone e riprendete la scena con telecamere ad altissima
definizione. Ora riesaminate il video al computer – vi è concessa
tutta la potenza computazionale di cui avete bisogno – e provate a
determinare, istante per istante, posizione e velocità del pallone.
Se siete stati abbastanza accurati, riuscirete senza dubbio a portare
a termine il processo di misura in modo più che soddisfacente: i
numeri che otterrete coincideranno, con ottima approssimazione, con
quelli previsti dalle equazioni dei modelli teorici che descrivono il
moto del pallone. E potete star certi che il pallone, con o senza
telecamere, avrebbe percorso esattamente la stessa traiettoria con le
medesime caratteristiche. In altre parole, e generalizzando: ai
sistemi macroscopici poco importa chi li sta osservando, e come lo
sta facendo. O ancora, riprendendo un motto spicciolo da libro di
filosofia dell’autogrill, “un albero che cade nella foresta fa
rumore eccome, anche se non c’è nessuno ad ascoltarlo”.
La natura di un
osservabile quantistico è intrinsecamente legata alla modalità di
osservazione, ossia a come lo si guarda.
“A livello
quantistico, la realtà non esiste finché non la si misura”. Come
dire che se un albero quantistico cade in una foresta quantistica e
nessuno lo sente, l’albero non solo non fa rumore, ma neppure
esiste. Gli scienziati, in particolare, si sono concentrati sulla
doppia natura delle entità quantistiche, che sono al contempo onde e
particelle, finché, per l’appunto, non le si misura e collassano
in uno dei due stati. Proprio come il gatto di Schroedinger, che è
contemporaneamente vivo e morto finché non si guarda dentro la
scatola. Andrew Truscott
Per individuare la
posizione o la velocità dei quanti è necessario che ci sia un
osservatore che li guarda, altrimenti questa misurazione risulta
impossibile. Siamo quindi noi a determinare il comportamento dei
quanti e perciò, anche della materia circostante.
Questa teoria
dimostrerebbe che possiamo influenzare la realtà.
“La fisica
quantistica presenta molte analogie con le teorie spirituali e con la
stessa filosofia buddista. In entrambi i casi si ritiene che un
sistema non possa essere studiato a prescindere da chi lo osserva e
quindi, è l’osservatore a creare la realtà che osserva. Se ne
deduce che siamo noi stessi a influenzare il mondo circostante e ad
attivare determinate possibilità piuttosto che altre. Tecniche come
il pensiero positivo e la PNL partono proprio da questi presupposti.
Perché allora non funzionano sempre? Perché se i nostri pensieri
coscienti non sono allineati con le nostre emozioni, si crea una
situazione di contrasto: è come se coscientemente pensassimo che
vogliamo stare bene con il partner ma inconsciamente lanciassimo
messaggi di paura. L’energia emanata non è lineare e pertanto è
più difficile che porti risultati positivi, anche perché
solitamente le emozioni represse hanno più forza rispetto ai
pensieri coscienti.
Detto questo, la
fisica quantistica sembrerebbe comunque dimostrare che la realtà
circostante dipende da noi e in tal senso ci rende consapevoli di una
forza incredibile che può dimostrarsi tanto negativa quanto
costruttiva, a seconda dell’uso che ne facciamo.” Laura De Rosa
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