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domenica 29 dicembre 2019

Le cose che ti cambiano la vita in meglio

           “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”




Se non apporti cambiamenti dentro di te, non potrai cambiare la realtà fuori di te.
Per trasformare la tua vita non ti basterà cambiare lavoro, amicizie, o qualsiasi cosa all’esterno, il vero cambiamento sarà quello che apporterai dentro di te…e ogni cosa cambierà di conseguenza!

Ormai è scientificamente dimostrato dalle ultime avanguardie della fisica quantistica, che il pensiero interagisce con la materia. Oggi la fisica si congiunge alla scienza spirituale, dimostrando che è la coscienza che genera la materia.
Il vero cambiamento, quindi, deve avvenire a livello di coscienza; quando la nostra consapevolezza inizia a cambiare, inizieranno a cambiare anche i nostri pensieri. Nella misura in cui cambieranno i nostri pensieri, cambieranno di pari passo le nostre azioni, e di conseguenza la nostra realtà.
Agendo quindi sulla nostra consapevolezza possiamo trasformare la nostra realtà.

Le vere catene sono quelle mentali, finché non le spezzi non sarai libero”.

Cambiare punto di vista
Dobbiamo iniziare a vedere le cose da una prospettiva differente da quelle che finora hanno condizionato il nostro modo di vedere il mondo. Iniziamo a capire che sono gli occhi che guardano, nel senso che la realtà può assumere significati e aspetti differenti, in base ai propri occhi, alla propria consapevolezza.
Tuttavia “cambiare” non significa che c’è qualcosa che non va bene, non vuol dire cancellare o rimuovere, ma piuttosto trasformare, ampliare, elevare.
Per cui, il primo passo da fare è ampliare il nostro punto di vista, aumentare le nostre conoscenze, espandere la nostra consapevolezza. Cerchiamo di smascherare le illusioni che abbiamo costruito nella nostra mente.

Cambiare atteggiamento
Quando cambiamo modo di vedere le cose, avviene un cambiamento anche nel modo di porsi verso se stessi e gli altri. Iniziamo ad avere la consapevolezza che la responsabilità della realtà che viviamo è la nostra, e allo stesso modo abbiamo il potere di cambiare la nostra vita.
Però non possiamo cambiare la nostra vita se continuiamo ad avere lo stesso atteggiamento che abbiamo avuto finora. Dobbiamo quindi individuare quelle attitudini e quegli schemi che stanno creando dolore nella nostra vita e trasformarli grazie ad un atteggiamento diverso, presente e consapevole.

Cambiare le abitudini
La volontà e la disciplina nel voler attuare dei cambiamenti nella nostra vita ci permetterà di modificare le abitudini che ci limitano e non ci rendono davvero felici. Avremo bisogno di una buona dose di coraggio e fiducia, qualità indispensabili per poter cambiare abitudini molto radicate dentro di noi.
A volte, uscire dalla famosa “confort zone”, dove tutto è piacevolmente programmato e prestabilito, è difficile, ma assai più pericoloso sarebbe rimanerci a vita.
Più che “cambiare” le nostre abitudini, dobbiamo stare attenti a non esserne attaccati, visto che quanto più si sviluppa l’attaccamento, più si crea sofferenza nella separazione da esse.

Cambiare “spirito”
Spesso il cambiamento fa paura e questa emozione ci blocca, impedendoci di fluire nel cambiamento ed essere entusiasti. Il problema è che diamo alle emozioni il potere di condizionare la nostra vita, poiché siamo immedesimati con esse. Tuttavia, possiamo imparare a gestire le emozioni in modo diverso e ad elevarci, cercando di imparare a vivere emozioni superiori.

In realtà, non stai provando emozioni che devi cambiare perché non vanno bene, semplicemente puoi cercare di comprendere che non sei schiavo delle tue emozioni. Potresti provare a concederti la possibilità di scoprire la tua vera natura spirituale, sei l’anima non la mente!
Quando accedi alla sfera più essenziale di te, nella dimora dello Spirito, inizi a vivere con uno spirito diverso, più gioioso e in un modo più profondo. Per accedere a questa dimensione puoi iniziare a sviluppare una maggiore apertura del cuore e una migliore presenza. Capirai che sei in contatto con te stesso, quando ti sentirai entusiasta!

Cambiare “vibrazione”
In termini scientifici, per cambiare la realtà che attraiamo nella nostra vita, dobbiamo cambiare la nostra frequenza. Nel senso che occorre un cambio vibrazionale, un salto quantico della coscienza. Secondo la legge di attrazione, attraiamo nella nostra vita le persone e le situazioni con le quali “entriamo in risonanza”, per cui cambiando la nostra vibrazione, entriamo in risonanza con una realtà diversa che vibra alla nostra nuova frequenza.

La fisica quantistica oggi ci dice che l’intero Universo è fatto di molecole, le quali possono assumere lo stato di onda o quello di particella. Fino a che non vengono osservate, rimangono sotto forma di onda, ma nel momento in cui entra in gioco l’osservatore consapevole, l’onda collassa (assumendo lo stato di particella) in quella che noi chiamiamo “realtà”.

Per dirla in parole più semplici, l’Universo dei quanti è l’universo delle infinite possibilità, nel quale tutto esiste inizialmente come possibilità. Infatti quando sognano o immaginiamo qualcosa, non facciamo altro che creare la possibilità che quella realtà si renda manifesta nella nostra vita. Potremmo dire che in qualche modo lo abbiamo creato a livello di possibilità, ma ancora non è manifestato nella nostra “realtà” materiale.

Quindi, più che cambiare se stessi, dobbiamo semplicemente ritrovare noi stessi e capire chi siamo, fluire nella nostra naturale evoluzione in tutti gli aspetti: nel corpo, nella mente e nello spirito.


https://www.visioneolistica.it/

giovedì 19 dicembre 2019

La Scienza spiega la Chimica dell’Amore

La Scienza Dimostra che Puoi Far sì Che Qualcuno S’innamori di Te




"Ci sarà sempre la magia di amare, ma la conoscenza è potere. Se sai chi sei, cosa cerchi e come puoi amare gli altri, è possibile catturare quella magia, trovare e mantenere il vero amore, e realizzare i tuoi sogni". Helen Fisher

La chimica può “spiegare” l’amore? Si possono ricondurre sensazioni romantiche e passionali all’azione di una molecola?

Serotonina, norepinefrina e dopamina sembrano esercitare un ruolo molto importante nell’innesco della passione amorosa.
L’amore con tutte le sue caratteristiche (pensiero invadente, energia intensa, esaltazione della persona amata e sbalzi d’umore solo per citarne alcune) sarebbe determinato da bassi livelli di serotonina nel sangue. Gli stessi livelli di serotonina sono presenti nelle persone ossessivo-compulsive e questo spiegherebbe come mai non possiamo fare a meno di pensare alla persona che amiamo.

La fase dell’attrazione è caratterizzata, inoltre, dalla presenza di alti livelli di dopamina e di norepinefrina. Gli alti livelli di questi due neurotrasmettitori causano sensazioni di euforia, perdita dell’appetito, insonnia e attenzione focalizzata. La stessa cosa accade nel mondo degli animali non umani durante la scelta del partner. La dopamina è la maggiore responsabile del sentimento amoroso. Essa è cruciale nel sistema di ricompensa e motivazione del cervello.

Saremmo, dunque, vittime impotenti di un istinto biologico. L’emozione dell’amore sarebbe un impulso al pari della fame e della sete. Esattamente, come quando si ha fame alcuni segnali interni inducono a mangiare per ripristinare l’equilibrio dell’organismo, allo stesso modo esistono segnali che ci rendono disponibili ad una relazione amorosa.

Nella fase di infatuazione sembra, inoltre, che parti del cervello che hanno a che fare con il giudizio sociale e le emozioni negative siano inibite. Questo ostacolerebbe di molto la nostra capacità critica, tanto da idealizzare la persona oggetto del nostro amore che vediamo attraverso “occhiali tinti di rosa”, rimanendo beatamente inconsapevoli dei suoi difetti. La fase dell’infatuazione dura un minimo di sei mesi e tende a svanire dopo tre anni di relazione. A meno che non la si viva nella fase dell’adolescenza.

Uno dei motivi che rende l’adolescenza un percorso accidentato è che gli adolescenti sperimentano la fase dell’attrazione in maniera più forte rispetto agli adulti e non riescono a passare alla fase successiva, ossia a quella dell’attaccamento.

C’è un ordine nelle reazioni chimiche negli innamorati?
È possibile rintracciare la risposta seguendo il corso della storia evolutiva propria delle creature umane. Una storia che è caratterizzata dallo sviluppo di tre sistemi cerebrali, tre chiavi d’accesso per rendere possibili i comportamenti finalizzati alla riproduzione. 

Faccio riferimento agli studi dell’antropologa cognitiva di Helen Fisher, della Rutgers University nel New Jersey, che studia l’amore da trentacinque anni. La Fisher individua nell’amore tre fasi distinte: il desiderio (o libidine), l’attrazione (amore romantico) e l’attaccamento. Ciascuna di esse coinvolge distinti sistemi cerebrali caratterizzati da una specifica biochimica. 
La libidine spinge ciascun individuo alla ricerca di un rapporto sessuale. In questa fase a farla da padrone sono il testosterone negli uomini e gli estrogeni nelle donne. 

Il ruolo dell’attrazione romantica è, invece, quello di direzionare e focalizzare questa attenzione indifferenziata verso un individuo particolare. 
Responsabili di questa fase sono tre potenti sostanze chimiche: adrenalina, dopamina e serotonina. Solo successivamente entra in gioco l’attaccamento uomo-donna evolutosi per garantire protezione, sicurezza e cure adeguate alla prole. In questa fase ci vengono in aiuto le endorfine e ormoni come l’ossitocina e la vasopressina. 
Il rilascio delle endorfine è stimolato da rapporti stabili nel tempo. Le endorfine creano la sensazione della dipendenza, in maniera tale che se il nostro partner è lontano desideriamo che torni. (Domenica Bruni - Scienze cognitive.)


domenica 8 dicembre 2019

Telomeri e Longevità - scoperto l'elisir di lunga vita

                                                            Rallentare l’Invecchiamento




Elizabeth Blackburn è stata premiata per aver scoperto che l’invecchiamento è legato ai telomeri, i “cappucci” che proteggono le punte dei cromosomi.
E qui spiega come farli durare di più.

Osservando al microscopio il Tetrahymena la biochimica australiana Elizabeth Blackburn ha trovato la data di scadenza che tutti gli animali, uomo compreso, portano scritta nelle loro cellule. Insomma, il segreto dell’invecchiamento cellulare. Una scoperta che le è valsa il premio Nobel nel 2009, e che oggi è il fondamento di una nuova scienza della longevità

Tutto parte dal mistero risolto dalla Blackburn: a cosa servono le estremità finali dei cromosomi, dette telomeri? La scienziata ha capito che quelle strane sequenze ripetute di basi di Dna che “incappucciano” le estremità dei cromosomi – che nel 1971 il biologo russo Alexey Olovnikov battezzò “telomeri”, dal greco tèlos, fine, e mèros, parte – hanno la stessa funzione dei cilindretti di plastica alle estremità dei lacci da scarpe: proteggono il “laccio” a doppia elica del Dna e gli impediscono di sfilacciarsi durante momenti delicati e instabili come le divisioni cellulari.

Col passare del tempo, le nostre cellule continuano a dividersi rinnovando gli organi e i tessuti. Ma – a meno di non essere cancerose – non possono farlo all’infinito: prima o poi non riescono più. A quel punto, sono invecchiate: perdono molte delle loro funzioni (i globuli bianchi non riescono più a identificare gli invasori da aggredire, per esempio) e muoiono, causando anche l’invecchiamento degli organi. L’invecchiamento di una cellula dipende dai suoi telomeri: a ogni divisione cellulare, i telomeri delle cellule figlie sono più corti rispetto a quelli della cellula madre, e così via. Quando questi continui sminuzzamenti rendono il telomero un moncherino quasi inesistente, la cellula non si divide più

«In realtà io e il mio team abbiamo scoperto che esiste un piccolo bricoleur che ripara le punte dei cromosomi: è un enzima che abbiamo chiamato telomerasi. Provvidenziale, perché – in certe condizioni – permette ai telomeri di riallungarsi, posponendo, così, la morte delle cellule. È proprio per questo motivo che mentre ha senso commissionare l’analisi del genoma, dove i geni che vengono sequenziati non cambiano, oggi è inutile far analizzare i propri telomeri: possono variare nel tempo, anche nel giro di pochi mesi».

Come si evita che i telomeri si accorcino troppo?
«Da un lato stando attenti a ciò che li fa accorciare, e dall’altro conoscendo ciò che, appunto, può aumentare la produzione dell’enzima telomerasi. A oggi è ancora impossibile produrre un “elisir di giovinezza” che alzi artificialmente la telomerasi, perché si rischia che le cellule non smettano più di dividersi, ossia il cancro. Si può però puntare su una difesa naturale dei telomeri. Ad esempio con l’esercizio fisico: uno studio su 1.200 coppie di gemelli, che ci permette quindi di isolare gli effetti dell’esercizio fisico dai fattori genetici, mostra che il gemello più attivo ha telomeri più lunghi di quello inattivo. Le cause possono essere molteplici. Una di queste è un ormone che i muscoli rilasciano dopo l’esercizio fisico, l’irisina: brucia i grassi e protegge le ossa. L’attività fisica, inoltre, incrementa l’azione rigeneratrice della telomerasi. Abbiamo visto che anche un esercizio moderato, come quello della bicicletta, eseguito tre volte la settimana per tre quarti d’ora, in sei mesi raddoppia l’attività della telomerasi».

Quanto aiuta la restrizione calorica – quella delle “diete lampo” di oggi che comprendono anche il digiuno – ad allungare i telomeri?
«È inutile focalizzarsi sulle calorie. A contare è ciò che si mangia: una dieta con basso contenuto di zuccheri migliora la nostra salute metabolica interna, che è più importante del peso. Non sono certo l’unica a tessere l’elogio della dieta mediterranea, ma caso vuole che sia proprio il tipo di dieta che aiuta i telomeri, soprattutto per via degli Omega-3».