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lunedì 9 marzo 2020

Coronavirus un’arma da guerra biologica?

                                              Coronavirus ipotesi di arma biologica


Il marchio del “complottismo”
Per parte nostra, prendiamo le mosse da un punto, che non sarà sfuggito: chi osi sollevare dubbi rispetto alla versione ufficiale – quella del virus come “naturale” evoluzione a partire dal pipistrelllo –, è immediatamente silenziato come complottista e, in quanto tale, ostracizzato e privato del diritto al pubblico dibattito. Curioso, in effetti, che chi socraticamente sollevi dubbi sia diffamato come idiota, mentre chi viva di granitiche certezze sia salutato come acuto e intelligente! Prodigi del pensiero unico! Eppure, se divampa un incendio non è certo complottista chi solleva l’ipotesi del dolo. Anzi, se adduce moventi e ipotesi di lavoro, la sua posizione è accolta o quanto meno ascoltata seriamente.

Gli Usa il trattamento per i paesi non allineati
Lo stesso Tucidide, nella Guerra del Peloponneso, ipotizza che la peste fosse diffusa ad Atene dall’operato degli spartani, che avvelenavano i pozzi. Perché, dunque, non è lecito ipotizzare – con dubbi e non con certezze – che anche in questo caso ci troviamo al cospetto di una epidemia “dolosa”, scatenata da qualcuno con precisi intenti? Il movente non è, poi difficile, da evidenziare. Siamo nella quarta guerra mondiale: quella che la civiltà del dollaro, dopo aver vinto la terza (Guerra Fredda), ha dichiarato dal 1989 a ogni Stato non allineato con il Washington consensus (dall’Iraq alla Libia, dalla Serbia all’Afghanistan). Ora, è la Cina un Paese non allineato con il Washington consensus? Sì. È la Cina un Paese altamente inviso alla talassocrazia dell’hamburger? Sì. V’era, prima che scoppiasse l’epidemia, una forte tensione tra i due Paesi? Certo che sì: se dico 5G e caso Huawey vi sovviene qualcosa? La Cina, è innegabile, ha compiuto il balzo in avanti: e forse, per molti versi, ha già superato per potenza tecnica e commerciale la civiltà a stelle e strisce. Ipotesi di spiegazione e movente, dunque, vi sono.

Wuhan, la Silicon Valley d’Oriente
Wuhan – non dimenticatelo – è una sorta di Silicon valley d’Oriente. Un punto strategico al massimo grado, colpendo il quale, com’è evidente, si mette in ginocchio la Cina tutta. Com’è ovvio, il nostro immaginario, plasmato dal pensiero unico e dal trasbordo ideologico inavvertito, si rifiuta in modo irriflesso di pensare che ciò sia possibile: con un moto quasi inconscio, respinge questa ipotesi ermeneutica, senza nemmeno avventurarsi a considerarla seriamente. La civiltà del dollaro non può fare cose simili! Essa è il bonum maximum sul pianeta terra, il sempre vigile garante della pace e della democrazia! Eppure, come sappiamo, bioarmi e armi batteriologiche non sono fantascienza.

La guerra biologica non è fantascienza
Eppure è tutto ufficiale e sotto gli occhi di tutti, come nel noto racconto di Poe “La lettera rubata”: la lettera sta lì, in bella vista, e siamo noi che non sappiamo vederla. Si prenda il documento ufficiale del 2000, Rebuilding America’s Defenses, pubblicato dal pensatoio conservatore Project for a new american century: anzitutto, si ipotizza l’esigenza di una “nuova Pearl Harbour”, che permetta agli Usa di usare la propria potenza come legittima risposta a una aggressione. Per ironia della sorte, con incredibile coincidenza, la monarchia del dollaro avrà la sua nuova Pearl Harbour l’anno seguente, l’11 settembre del 2001. E sempre in quel documento si legge testualmente: “Forme avanzate di guerra biologica, che possono prendere di mira certi genotipi, possono trasformare la guerra biologica, da regno del terrore, in utile strumento politico”. Sic! Come interpretare allora quanto accaduto a Wuhan? Non è poi difficile. Diego Fusaro



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