La scarsità o l’abbondanza di denaro possono entrambe portare a
risultati anche tragici. Questo può essere evitato se decidi di
alimentare costantemente la tua parte spirituale.
Psicologia del denaro e bisogni immateriali
È quello che
Richard Easterlin (1974) definì il “paradosso della felicità”.
Se è vero infatti che, entro certi limiti, la felicità e il
benessere percepito dalle persone mostra una correlazione
significativa con il livello socioeconomico, superata una certa
soglia di “ricchezza” questa direzione sembra invertirsi seguendo
una curva che inizia ed essere discendente.
Lo stesso paradosso
sarebbe vero anche su scala globale: all’aumentare del PIL di in
Paese non è detto che aumenti di pari passo anche il livello di
felicità percepito dai suoi abitanti. Questo sia perché il PIL non
tiene conto di beni che non sono economicamente “misurabili”, sia
perché non tiene conto della distribuzione della ricchezza nelle
varie fasce di popolazione.
I soldi insomma
correlano col nostro benessere sicuramente per quelli che sono i
nostri bisogni più elementari, quei bisogni di base che Maslow
(1954) individuava nel soddisfacimento delle necessità fisiologiche
(fame, sete ecc) e del bisogno di sicurezza.
Proseguendo nella
piramide dei bisogni incontriamo però altre necessità
progressivamente sempre più sganciate del piano materiale: il
bisogno di appartenenza (rapporti di amicizia, affetti familiari,
intimità affettiva e sessuale), il bisogno di stima (sentire di
essere persone capaci e di valore) e i bisogno di autorealizzazione
(poter realizzare creativamente sé stessi, esprimere la propria
personalità in ciò che si fa).
Pensare che il
soddisfacimento di questi bisogni si possa “comprare”, cioè
ottenere tramite il denaro (ricordate i soldi come sostituto
dell’affetto?), è fuorviante, illusorio e potenzialmente dannoso
tanto per le proprie finanze quanto per il proprio benessere
psicologico.
I soldi sono uno
degli ingredienti…
Che fare dei soldi,
allora? Servono per vivere bene o, come sostenevano i monaci
medievali, rappresentano dei “corruttori” dell’anima? In
effetti si possono riscontrare fra le persone due atteggiamenti solo
apparentemente opposti riguardo al denaro: da un lato coloro che lo
considerano una sorta di “divinità” (una soluzione magica
appunto) e che dedicano la loro vita a inseguirlo (invertendo in tal
modo i mezzi con i fini).
Dall’altro coloro
che considerano i soldi qualcosa di “sporco”, un “male”, un
mero “apparire” e li rifiutano rivendicando proprio una maggior
autenticità di vita e di valori.
In entrambi i casi
si tratta di atteggiamenti difensivi che denunciano una difficoltà a
ricomporre una scissione fra materialità e immaterialità, fra
apparire e essere, fra mezzi e fini…
Armstrong nel suo
libro invita a riconsiderare i soldi né buoni né cattivi, né un
male assoluto né una soluzione magica a tutti i problemi. I soldi
possono piuttosto essere considerati come “uno degli ingredienti”
utili/necessari ad una vita soddisfacente. Nessuna somma di denaro e
nessun bene materiale potrà davvero aumentare la nostra autostima o
rendere le nostre relazioni affettive più gratificanti.
Possiamo però
utilizzare o procurarci con intelligenza i soldi di cui abbiamo
bisogno assegnando loro un posto entro la più ampia “cassetta
degli attrezzi” nel nostro progetto di vita.
Cos’è il denaro
in fondo se non una riserva energetica pronta a trasformarsi in
infinite possibilità? A noi sta non solo avere un’attività che ci
consenta di tradurre i nostri sforzi in denaro, ma anche trasformare
quel denaro – come scrive Armstrong – in beni ed esperienze
duraturi e di valore.
http://www.crescita-personale.it/
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