Già nel 1700, il
filosofo Immanuel Kant sosteneva che la mente modella la realtà,
attraverso le forme che percepisce. Più di tre secoli dopo, la
Psicologia Quantistica spiega, con un linguaggio scientifico, come
questo sia possibile.
Nel 1909, un
esperimento cambia per sempre i connotati della fisica classica. Il
fisico Geoffrey Ingram Taylor, studiando il comportamento dei
fotoni in laboratorio, in uno dei suoi esperimenti, “sparò” un
fascio di fotoni su una barriera con una doppia fenditura. Le
particelle invece di transitare per una sola fessura, le
attraversarono tutte e due simultaneamente, cosa che contraddiceva
con le leggi della fisica tradizionale. Si comportarono cioè come se
guardassero attraverso gli occhi dello scienziato. Fu come se
l’osservatore avesse influenzato la particella, attraverso il
semplice fatto di essere presente all’esperimento.
Questo esperimento,
ripetuto nel 1998 con apparecchiature più sofisticate e sensibili,
confermò il risultato, dimostrando che le particelle elementari di
cui tutto l’universo è composto, venivano influenzate
dall’osservatore. Secondo l’interpretazione elaborata nel 1927 da
Niels Bohr e Werner Heisenberg, conosciuta come l’ “Interpretazione
di Copenaghen”, l’universo esiste in quanto numero infinito di
possibilità sovrapposte e tutte presenti contemporaneamente come
possibili. L’atto di un osservatore determina l’attivazione di
quei potenziali su cui è concentrato: in altri termini, la
realizzazione materiale di quello che si pensa e si osserva.
Oggi, anche la
fisica quantistica afferma quello che le antichissime culture
orientali definivano “Maya”: ossia che la realtà è
un’illusione. Le implicazioni di quanto detto sono notevoli: siamo
parte di una realtà che creiamo man mano che la osserviamo.
Perché allora la realtà non corrisponde ai nostri più felici
desideri?
Il cervello è più
complesso di quello che si immagina: la nostra mente è
multidimensionale, ossia opera in diverse frequenze e modalità.
Desiderare una cosa a livello cosciente non basta a materializzarla
nella realtà, se a livello inconscio non siamo persuasi della sua
possibilità. Noi, in sostanza, creiamo la nostra vita in base ai
convincimenti profondi che abbiamo su chi siamo e su ciò che
crediamo possibile.
Non basta volere e
desiderare (di cui se ne occupa la parte cosciente del nostro
cervello), ma occorre anche saper accettare, permettere a un livello
profondo (inconscio e anima), che i nostri propositi ci possano
“trovare”.
Il mondo che
osserviamo esterno a noi, è quindi il riflesso di ciò che,
inconsapevolmente, siamo a livello inconscio. Trovare un posto di
lavoro o l’anima gemella non è così facile, perché se io, pur
desiderando guadagnare molti più soldi, ho radicata in me la
convinzione che il denaro sia pericoloso, oppure se desidero una
compagna, ma credo di non piacere alle donne, ho evidentemente dentro
di me un’incongruenza tra la mia parte cosciente e la mia parte
profonda.
La psicologia
quantistica, partendo dall’assunto che la nostra realtà è una
nostra proiezione e che quindi noi siamo gli unici responsabili di
quello che viviamo, si rivolge direttamente al cuore del problema,
ossia alle nostre convinzioni inconsce limitanti. È solo cambiando
queste ultime che possiamo cambiare la nostra vita
Fonte:
https://www.fisicaquantistica.it/
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